di Milo Polles
Mestre mia
Mia Città
1.
Oggi ho disertato il lavoro:
quest’ultimo sole d’ottobre
spicca nette le ombre
di femmine sbertuccianti
con la maglia rigonfia di poppe.
Squittiscono i bambini
tra cavoli e frutta multicolore.
Desiderio di un caffè!
Nell’emiciclo dei banchi di pietra
le anguille sono serpi,
i pesci fissano, vitrei,
clienti petulanti e amorfi crostacei
lentamente palpitano primordiali.
La luce permea tutto,
attonita, pochi istanti
poi m’accompagna un urlo da mercato.
Spari di luce. Mi ritrovo
a sorbire un vellutato caffè. E fuori
l’impazzar delle macchine automobili.
2.
Dà vertigini il tuo farneticare
- sento esaltante l’amaro del caffè -
si svincola ed alta vola
la memoria (allodola della mente)
che piombando vira e sfiora
alveari d’uomini e topaie
di una piccola architettura.
Piccola Babele schiumata
dal Canal Grande al Canal Salso,
partita in gondola e giunta
su topo a motore per nafta slittando!
Allora Villa, ora
…..manca verde / acqua viva…..
ammasso di rioni e vie
a sera opaline con disumano tacere.
Mia città, terra di predoni
cui sopruso edìle è legge
e nobiltà l’insolenza del denaro;
a bella vista espongono
le loro spose gravide
nel tuo disordine stradale,
mentre tentano felicità sull’odorosa
amante ricca tutta tremito e singulti
in eburnea bocca trattenuti.
Le vite loro prevàricano:
ai poveri, inermi, l’animo opprimono
e i miseri urlanti dilacerano
prepotentemente in sé rivoltandoli.
Aih, Mestre mia, terra di predoni,
covo di femmine spogliate a festa
per riti immondi: perversioni
per alloggio con abbondante vetrata.
Corrive voluttà nascoste
con i beniamini del terzo sesso
che teneri hanno gli occhi e i sensi.
Tu vedi su lussuose automobili
a notte pazzi correre uomini,
spiantati, il cui riso è maschera.
Aih, Mestre, porto di droga quando
alto sta il nitore delle stelle!
Arrivismo è il tuo tumore,
pseudopode di odio nutrito.
Mestre, una torre piccoletta
e grassoccia ti testimonia.
Noi, la tua gente,
usiamo insospettata saggezza:
esistenze tacitamente limate.
Un boato di rivendicazioni
ora ti squassa, ma
ancora scomposto sfuma
in rantolo lontano: anche
il mare selvaggio
smonta alla proda
3.
Resta del caffè l’aroma soltanto.
Leggero
il vento rabbrividisce le figure
stagliate nel sole; le gonne
sono bandiere multicolori.
Mi ferma un amico,
baffi abbondanti e fiori in mano
per la moglie da poco incinta.
Dopo due o tre bar salto sul tram
Dicembre 1965
Queste tre poesie di Milo Polles, sono l’inizio di una raccolta, mai pubblicata e scritta tra il 1965 e il 1966. Milo consentendo… Gabriele Stoppani |